Impingement femoro-acetabolare a carico dell'anca

L’impingement femoro-acetabolare: cos’è e come si tratta

L’impingement femoro-acetabolare (in inglese “Femoroacetabular Impingement Syndrome” oppure FAI) è una condizione articolare dell’anca in cui si verifica un contatto anomalo prematuro tra la testa del femore e il margine dell’acetabolo (la cavità dell’osso iliaco che accoglie la testa femorale). Questo può apparire sia in correlazione a un movimento che mantenendo a lungo una posizione statica.

In condizioni normali, la testa del femore ruota liberamente nella cavità acetabolare grazie alla conformazione “a palla-e-presa” (ball-and-socket), permettendo un’ampia escursione articolare. Con la FAI, la forma ossea o la posizione delle componenti articolari impediscono la normale cinematica, generando attrito, microtraumi e lesioni della cartilagine o del labrum acetabolare.

Dal punto di vista clinico e radiografico, oggi si parla di “sindrome da impingement femoro-acetabolare” (FAIS) quando la deformità morfologica ossea è associata a sintomi e segni clinici.

Le principali tipologie: cam, pincer e forme miste

Le principali tipologie morfologiche della FAI sono le seguenti:

  • Tipo Cam (a “camma”): la testa del femore non è sufficientemente sferica o presenta un’escrescenza ossea nella giunzione testa-collo (head-neck junction). Durante la flessione o la rotazione interna dell’anca, questa deformità “sborda” contro l’acetabolo, causando danni a cartilagine e labrum.
  • Tipo Pincer (a “pinza”): l’acetabolo presenta un’eccessiva copertura della testa femorale (over-coverage) o un orientamento retroverso/alterato, e questo lascia meno spazio per la testa femorale durante il movimento, generando pinzamento del labrum e danno articolare.
  • Forma mista (Cam + Pincer): è la forma più frequente. Molti pazienti presentano contemporaneamente alterazioni sia femorali sia acetabolari. In ogni caso, l’urto tra i capi articolari contribuisce all’usura dell’articolazione.

Queste alterazioni morfologiche non garantiscono automaticamente sintomi: esistono persone con alterazioni morfologiche compatibili con FAI ma asintomatiche.

La diagnosi di FAI richiede la triade: sintomi + segni clinici + evidenza morfologica.


Come si manifesta: i sintomi da non sottovalutare

Dolore all’inguine

Il sintomo più comune è il dolore localizzato nella zona inguinale, spesso definito come un dolore “profondo” o “interno” all’anca che può irradiarsi alla coscia o al gluteo.
Il dolore può essere scatenato da movimenti come la flessione dell’anca, la rotazione interna, lo stare seduti a lungo, o da attività sportive che coinvolgono l’anca in modo intenso.

Limitazioni nei movimenti dell’anca

I pazienti con FAI spesso presentano una riduzione della mobilità dell’anca, in particolare nella rotazione interna, nella flessione e nell’abduzione. Possono essere presenti manovre cliniche positive come la prova di flessione-addizione-rotazione interna (FADIR) o di flessione-adduzione-rotazione esterna (FABER) che provocano dolore o scrosci articolari (“click”).

Altri sintomi

Oltre al dolore e alla limitazione di movimento, la sintomatologia può prevedere:

  • Click, “catching”, sensazione di blocco o cedimento dell’anca.
  • Rigidità articolare, soprattutto al mattino o dopo un periodo di immobilità, talvolta dolore riferito al gluteo, alla coscia o all’inguine.
  • In soggetti sportivi, peggioramento della performance, difficoltà nel cambio di direzione o nel mantenimento della flessione dell’anca.

Come viene diagnosticato il conflitto femoro acetabolare: esami e test clinici utili

Esami fisici

Una valutazione clinica accurata è il primo passo. L’anamnesi dovrebbe includere: storia del dolore (durata, localizzazione, fattori scatenanti), antecedenti sportivi, posture prolungate, etc.

Durante l’esame fisico si valuta la mobilità articolare (in particolare la rotazione interna dell’anca in flessione), la forza dei muscoli peri-acetabolari (adduttori, abduttori, flessori), la presenza di manovre di impingement come FADIR e FABER. In uno studio recente viene sottolineato che pazienti con FAI mostrano forza ridotta in muscoli come gluteus maximus/minimus, rotatori esterni, adduttori.

Test di imaging

Gli esami radiologici sono fondamentali per identificare le alterazioni morfologiche ossee:

  • Radiografia standard (antero-posteriore del bacino + proiezione laterale del collo femorale) utile per valutare angolo alpha, angolo centro-marginale laterale, offset della testa/collo, copertura acetabolare.
  • RM o artro-RM (risonanza magnetica) per valutare lesioni del labrum, della cartilagine articolare e altri tessuti molli.
  • In alcuni casi TC (tomografia computerizzata) per valutare con dettaglio la morfologia ossea.

È importante sottolineare che la sola presenza di alterazioni morfologiche non è sufficiente per la diagnosi: occorre correlazione clinico-strumentale.

Visita specialistica

È consigliabile che il paziente sia valutato da un ortopedico esperto in anca o struttura di medicina dello sport che possa integrare clinica, radiologia e stabilire la strategia terapeutica più adeguata. In particolare, la presenza di: dolore persistente nonostante terapia conservativa, segni radiologici di usura articolare (artrosi iniziale) o forte limitazione funzionale suggerisce necessità di consulenza chirurgica.


Trattamento fisioterapico dell’impingement: obiettivi e tecniche efficaci

La fisioterapia rappresenta la prima linea per la gestione della FAI sintomatica (in assenza di grave artrosi o deformità irreversibili). Gli obiettivi principali sono: migliorare la stabilità lombo-pelvica, la forza dei muscoli dell’anca, correggere squilibri muscolari e schemi motori alterati, ridurre i movimenti che generano impingement.

In un’analisi prospettica condotta da Pennock et al. su 76 pazienti adolescenti con Femoroacetabular Impingement Syndrome, un protocollo non operatorio (riposo, fisioterapia, modifiche dell’attività) ha evitato l’intervento chirurgico in circa l’82% dei casi dopo un follow-up medio di 2 anni (70% solo fisioterapia + 12% con iniezione).

Un piano fisioterapico ben strutturato deve prevedere una riduzione dell’attività fisica che grava sull’anca, concentrandosi invece su una rieducazione gesto-specifica: esercizi di potenziamento dei glutei, adduttori, rotatori esterni, core stability + stretching dei flessori/ischiocrurali. Questo approccio può migliorare significativamente la funzione e ritardare o evitare la chirurgia.

Esempio di schema del trattamento:

  • Fase 1: mobilizzazione delicata, core activation, evitamento di attività scapriccianti dell’anca
  • Fase 2: potenziamento eccentrico, neuromuscolare, controllo del movimento
  • Fase 3: ritorno progressivo a sport o attività funzionali specifiche

Questa fase può essere integrata con l’assunzione di farmaci anti-infiammatori non steroidei e con il ricorso a terapie strumentali.

Farmaci antidolorifici

Gli anti-infiammatori non steroidei (FANS) possono essere utilizzati per controllare il dolore e l’infiammazione associata, permettendo una migliore partecipazione alla terapia fisica. In alcuni casi si valutano iniezioni intra-articolari (cortisone, acido ialuronico) come misura temporanea; tuttavia, la letteratura al momento indica beneficio solo a breve termine e non come soluzione definitiva.

Modifiche dell’attività fisica

È fondamentale che il paziente modifichi o eviti quegli esercizi/posizioni che aggravano il conflitto (es. flessione profonda dell’anca, squat profondo, lunghe sedute con anca flessa) e adotti posture più “amiche” per l’anca. L’attività fisica andrà adattata per mantenere il movimento e la forza, evitando tuttavia sovraccarichi o schemi motori che incrementano l’attrito articolare.


Quando valutare l’intervento chirurgico

Artroscopia dell’anca

Quando la terapia conservativa non è sufficiente (ad esempio dolore persistente, lesione del labrum, danno cartilagineo, limitazione funzionale) può essere indicato un intervento chirurgico sull’anca. Questo viene solitamente eseguito in artroscopia ed è consigliato per pazienti giovani e sportivi che non riescono ad allenarsi in modo performante.

I risultati a medio-lungo termine sono generalmente buoni, ma la selezione del paziente è cruciale (meno artrosi, buona cartilagine residua, motivazione al recupero).

Osteotomia

In casi selezionati, soprattutto quando l’alterazione è acetabolare grave (es. retroversione, over-coverage globale), può essere indicata un’osteotomia acetabolare (periacetabolare) per correggere l’orientamento del bacino e ridurre l’impatto meccanico. Questa opzione è più complessa e richiede un centro specializzato.

Altri interventi chirurgici

Altri interventi meno frequenti possono includere: chirurgia open con dislocazione dell’anca (oggi meno usata), oppure procedure combinate in presenza di artrosi avanzata che possono condurre a un’artroplastica totale dell’anca in futuro.


Riabilitazione post-operatoria

Dopo l’intervento chirurgico (soprattutto artroscopico), la fisioterapia è fondamentale per ripristinare la mobilità, la forza e i pattern motori corretti. L’approccio graduale deve rispettare le indicazioni del chirurgo (limitazione della flessione/rotazione nei primi tempi, protezione del labrum/fissatura se presenti).

La progressione verso l’attività sportiva deve essere ben guidata con una riabilitazione post-operatoria: inizialmente movimenti controllati, poi esercizi funzionali, infine sport specifici. Il ritorno completo allo sport può richiedere mesi, e la compliance del paziente è determinante per il risultato.

È importante un follow-up regolare con il chirurgo ortopedico per monitorare la guarigione, valutare la radiologia di controllo se indicato, e verificare l’assenza di complicanze come rigidità residua, persistente dolore o artrosi.


Prevenzione e stili di vita: come ridurre il rischio di recidiva

Una strategia preventiva consiste nel mantenere un buon tono muscolare e controllo neuromotorio dell’anca e del core. Esercizi mirati agli adduttori, glutei, rotatori esterni, stretching dei flessori dell’anca e degli ischiocrurali aiutano a preservare la meccanica articolare.

Evita posture e attività che impongono flessioni profonde, ad esempio squat senza controllo, correnti movimenti di torsione elevata dell’anca, sedute prolungate con anca flessa. Queste condizioni incrementano il rischio di conflitto articolare e aggravamento della FAI.

Sebbene non esistano linee guida specifiche che collegano l’alimentazione alla FAI, mantenere un peso corporeo adeguato e uno stile di vita attivo contribuisce a ridurre il carico sull’anca e a preservare la salute articolare. Posturalmente, è utile adottare sedute corrette, evitare di mantenere l’anca flessa per lunghi periodi, alternare posizione e movimento.


In conclusione: come gestire il conflitto femoro acetobolare

L’impingement femoro-acetabolare è una condizione che, se non correttamente diagnosticata e gestita, può portare a danno articolare e osteoartrite precoce.

L’approccio ideale segue una sequenza:

  • identificazione precoce
  • terapia conservativa mirata
  • valutazione specialistica
  • eventuale intervento chirurgico.

Domande frequenti sull’impingement femoro-acetabolare

Come capire se il dolore all’anca è dovuto a un impingement?

Il dolore tipico del FAI si localizza all’inguine o nella parte anteriore dell’anca, peggiora con la flessione o la rotazione interna e può irradiarsi alla coscia o al gluteo. Durante la visita ortopedica vengono eseguiti test specifici come il FADIR test (flessione–adduzione–rotazione interna) che, se positivo, riproduce il dolore caratteristico del conflitto articolare.

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La fibromialgia provoca dolori diffusi

Fibromialgia: come alleviare i disturbi grazie alla fisioterapia

La fisioterapia scende in campo come fedele alleata dei pazienti affetti da fibromialgia. Sempre più studi infatti dimostrano come il trattamento non farmacologico sia il più efficace. Così anche EULAR (European League Against Rheumatism) raccomanda la gestione del paziente fibromialgico tramite l’utilizzo di esercizi mirati al miglioramento della forza resistente e della capacità aerobica.

Cos’è la fibromialgia

La fibromialgia è una patologia cronica caratterizzata da dolori muscolari diffusi associati ad affaticamento, rigidità, problemi di insonnia, difficoltà di concentrazione e alterazioni dell’umore.

Le cause esatte dell’insorgenza di questa malattia non sono ancora note, ma gli esperti suppongono un’origine multifattoriale. Tra questi includono fattori genetici, infettivi, ormonali, traumi fisici e psicologici. L’ipotesi più plausibile è che venga compromesso il modo in cui il cervello processa il dolore, infatti chi soffre di fibromialgia avrebbe una soglia del dolore più bassa alla media.

Diagnosi di fibromialgia

La diagnosi della fibromialgia si basa su presenza e persistenza di dolori diffusi ma risulta particolarmente lunga perché gli specialisti devono prima escludere ogni altra possibile patologia. Si stima infatti che ci vogliano più di 2 anni per riconoscere la fibromialgia, con una media di 3,7 medici diversi consultati.

I numeri parlano del 2% della popolazione mondiale colpita da questa malattia, con una maggiore influenza sulle donne in età adulta.

Trattamento della fibromialgia

Le linee guida EULAR sul trattamento della fibromialgia di basano sullo studio di G. J. Macfarlane (puoi leggerlo qui) che si è posto come obiettivo la revisione delle indicazioni terapiche basandosi sull’evidenza scientifica.

Sulla base di questo studio, e di altri precedenti, si può affermare che il primo passo per la gestione della fibromialgia deve essere l’educazione del paziente. E’ stata infatti evidenziata l’importanza di far comprendere al soggetto la situazione clinica e i vari fattori che la influenzano, in modo tale da poter agire anche sull’aspetto biopsicosociale.

Il secondo passo deve essere poi un approccio non farmacologico, con particolare attenzione al miglioramento di:

  • Forza resitente, cioè la capacità del muscolo di durare per un tempo relativamente lungo
  • Capacità aerobica, cioè la quantità di tempo in cui si riesce a tenere ritmi elevati

Nel caso in cui queste terapie non risultino efficaci si può considerare un approccio combinato, valutando anche terapie farmacologiche. Si è visto che piccoli miglioramenti sono stati ottenuti con:

  • Agopuntura, con un miglioramento del dolore del 30%
  • Agopuntura ed elettricità, con un miglioramento del dolore del 40% e dell’affaticamento del 20%

Si sono invece dimostrate scarsamente efficaci le terapie meditative, così come il biofeedback, l’ipnoterapia e il massaggio.

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