Inibizione muscolare artrogenica
L’inibizione muscolare artrogenica (Arthrogenic Muscle Inhibition – AMI) è un disordine neuro‑riflesso che provoca debolezza e incapacità di attivare completamente il quadricipite, anche in assenza di danni diretti al muscolo o al nervo.
Questa inibizione si osserva in seguito a un trauma o a un intervento chirurgico come la ricostruzione del legamento crociato anteriore, gonfiore acuto o condizioni degenerative (es. osteo‑artrosi), e può compromettere la funzionalità motoria e la stabilità dell’articolazione del ginocchio.
I meccanismi dell’AMI non sono ancora del tutto noti, ma l’unica cosa certa al momento è come sia in parte causata dall’impossibilità di sviluppare la forza contrattile del muscolo.
L’inibizione muscolare artrogenica è clinicamente importante poiché porta ad una diminuzione della funzionalità fisica. Inoltre si aggiunge alle conseguenze sopracitate la debolezza del quadricipite causa un incremento del carico sul ginocchio con una conseguente perdita di tessuto cartilagineo ed una riduzione dello spazio articolare con conseguente artrosi precoce. È quindi per tutti questi motivi che risulta fondamentale un intervento tempestivo.
Importanza clinica e impatti funzionali
Riduzione della forza
Il quadricipite subisce una riduzione dell’attivazione volontaria fino al 30‑50% anche oltre 10‑15 giorni dall’insulto articolare. Può persistere una forma lieve di AMI anche a distanza di 6‑12 mesi o oltre, specie dopo artroplastica o lesione cronica.
Instabilità articolare e rischio di recidiva
Una perdita di forza muscolare e propriocezione aumenta il rischio di instabilità funzionale del ginocchio e recidiva di traumi. In caso di LCA, meniscopatia o artrosi precoce, l’AMI diventa un fattore cronico che impedisce il pieno recupero.
Prevenzione artrosi
Il carico assiale scorretto, promosso da un quadricipite sotto‑attivato, determina uno stress articolare elevato e un progressivo consumo cartilagineo. L’intervento tempestivo è dunque essenziale per prevenire degenerazione e osteo‑artrosi.
Strategie terapeutiche efficaci per contrastare l’AMI
Diversi studi hanno mostrato come la strategia migliore per gestire questa condizione sia:
- Crioterapia, cioè l’applicazione di ghiaccio o cryo-packs direttamente sull’articolazione. Funziona soprattutto in fase acuta (entro 48‑72 ore). Riduce l’eccitabilità degli interneuroni inibitori, modula i recettori cutanei e diminuisce l’attività riflessa inibitoria verso il quadricipite portando ad un miglioramento significativo.
- Fisioterapia, ovvero l’esercizio terapeutico con esercizi mirati e specifici per ogni paziente.
Il percorso fisioterapico, fra le altre cose, deve concentrarsi su esercizi di resistenza e rafforzamento muscolare.
Terapie strumentali come ultrasuoni ed elettrostimolazione, invece, si sono dimostrate poco efficaci per il trattamento dell’inibizione artrogenica.
Studio di riferimento: Arthrogenic muscle inhibition after ACL reconstruction: a scoping review of the efficacy of interventions
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Legamento crociato anteriore, operarsi o no?
Ritorno allo sport dopo la lesione
Dopo una lesione del legamento crociato anteriore (LCA) è possibile tornare a praticare sport senza un intervento chirurgico. La raccomandazione più recente nella gestione di soggetti con una lesione del LCA è infatti quella di affrontare un’adeguata riabilitazione, cioè trattarli in modo conservativo. (https://misuse.ncbi.nlm.nih.gov/error/abuse.shtml)
Cos’è il legamento crociato anteriore?
Il legamento del crociato anteriore è uno dei quattro legamenti più importanti del ginocchio. È così definito perché insieme al suo omonimo posteriore si incrocia al centro dell’articolazione. La sua funzione è quella di stabilizzare il ginocchio, infatti impedisce che la tibia si sposti in avanti rispetto al femore.
Il legamento crociato anteriore è sottoposto ad estreme sollecitazioni, soprattutto in sport con cambi di direzione. La sua lesione è infatti uno dei traumi sportivi più frequenti. (Scopri la Fisioterapia sportiva)
Studio KANON
Su questo tema lo studio KANON ha mostrato che solo il 51% dei pazienti trattati conservativamente ha richiesto in seguito un intervento chirurgico. Lo studio ha valutato il livello di ripresa dell’attività sportiva (RTS) dopo una lesione del LCA in pazienti che hanno seguito un programma di riabilitazione incentrato principalmente sul recupero della forza e della stabilità dinamica.
I soggetti sono stati contattati dopo 12 mesi dall’infortunio e la maggior parte ha dichiarato di aver modificato l’attività sportiva. Nello specifico hanno detto di prestare una maggiore attenzione ai movimenti e in particolare all’appoggio del piede. Secondo lo studio, infatti, l’89% dei pazienti non chirurgici è tornato a praticare sport senza bisogno di un intervento chirurgico. Inoltre il 33% dei pazienti trattati praticava uno sport che prevede cambi di direzione e l’11% svolgeva attività a livello competitivo.
In conclusione, lo studio KANON mette in evidenza l’importanza della fisioterapia nei soggetti con lesione del legamento crociato anteriore screditando così il tradizionale approccio di ricostruzione chirurgica.
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