Postura: come valutarla e cosa fare quando causa dolore
La postura è un tema di cui si parla molto, ma spesso in modo impreciso. Si parla spesso di postura corretta come se esistesse una sola posizione ideale per tutti. In realtà, secondo l’approccio fisioterapico moderno, non esiste una postura ideale valida per tutti, e il corpo umano è perfettamente in grado di adattarsi a posizioni diverse. Il problema, spesso, non è come ci posizioniamo, ma quanto a lungo manteniamo quella posizione, senza alternanza, senza movimento.
In questo articolo vediamo come valutare la postura, quali segnali osservare, cosa può causare dolore e quando è utile una valutazione professionale.
Cos’è la postura e perché è così importante
La postura rappresenta l’assetto con cui il corpo si posiziona e mantiene stabilità nello spazio: in piedi, seduti, in movimento o a riposo. È il risultato dell’interazione tra muscoli, articolazioni, sistema nervoso e abitudini quotidiane.
Molto spesso viene fraintesa come qualcosa da “correggere”, ma la postura è in realtà una capacità dinamica, che cambia in base a:
- attività svolta
- stato di stress
- livello di affaticamento
- ambiente di lavoro
- eventuali dolori presenti
È importante non tanto per un ideale estetico, ma perché influenza il modo in cui distribuiamo i carichi sul corpo e quanto tolleriamo determinate posizioni nel corso della giornata.

Le cause più comuni di dolori posturali
Non esistono posture sbagliate in assoluto. Esistono posture mantenute troppo a lungo o adottate in momenti di stress, affaticamento o scarsa consapevolezza.
Ecco le cause più frequenti:
Sedentarietà e postura statica prolungata
Stare troppo seduti, come spesso accade lavorando in ufficio o comunque davanti al computer, aumenta il carico su collo, spalle e schiena e favorisce tensioni e rigidità che si accumulano nel tempo. Quando il corpo non si muove per diverse ore, i muscoli perdono elasticità, la circolazione rallenta e alcune aree iniziano a sovraccaricarsi.
Se la postazione di lavoro non è regolata correttamente (monitor troppo basso, mouse lontano, spalle inconsciamente sollevate o una sedia non adatta), il corpo compensa con micro-tensioni che non creano problemi immediati, ma che nel tempo possono trasformarsi in fastidi ricorrenti.
La combinazione di sedentarietà, pause insufficienti e una posizione statica prolungata può portare a:
- rigidità cervicale e dorsale,
- tensioni o indolenzimento alle spalle,
- senso di peso o stanchezza nella zona lombare,
- sintomi che tendono a peggiorare soprattutto a fine giornata o dopo periodi di maggiore stress o lavoro intenso.
Uso prolungato dello smartphone
L’utilizzo dello smartphone porta spesso ad assumere la tipica postura “a testa in avanti”, in cui il mento scende verso il petto e il peso della testa si sposta anteriormente. Questa posizione aumenta fino a quattro volte il carico sulla muscolatura del collo, costringendo i muscoli cervicali a lavorare molto più del necessario per sostenere il capo.
Stress
Lo stress amplifica la percezione del dolore e porta a irrigidire collo e spalle senza accorgersene. Quando aumenta il livello di tensione emotiva, il corpo attiva automaticamente una risposta di difesa che coinvolge soprattutto la muscolatura cervicale e scapolare.Nel tempo questo meccanismo può trasformarsi in tensione cronica, mal di testa, difficoltà di movimento e dolori ricorrenti.
È una delle cause più diffuse di fastidi cervicali, soprattutto in chi lavora molte ore davanti a un computer o vive ritmi molto intensi.
Stare troppo in piedi
Anche la posizione eretta mantenuta per lunghi periodi può diventare un fattore di stress per il corpo. Quando si resta in piedi senza muoversi, come accade in alcuni lavori, durante eventi o attività quotidiane, il carico si distribuisce in modo statico su colonna, bacino e arti inferiori. Con il passare delle ore questo può generare:
- tensioni e indolenzimento lombare,
- affaticamento delle gambe e dei polpacci,
- sovraccarico sulle articolazioni di anche, ginocchia e caviglie,
- riacutizzazione del dolore in zone già sensibili o con precedenti problemi muscolo-scheletrici.
La stazione eretta prolungata, soprattutto se associata a postura rigida o scarpe non adeguate (intese come scarpe adeguate al tipo di persona/piede e compito da svolgere), riduce la naturale capacità del corpo di distribuire i carichi attraverso il movimento. Per questo il semplice fatto di “stare troppo in piedi” può essere sufficiente a far emergere dolori posturali o a peggiorare disturbi già esistenti.
Movimenti ripetitivi sul lavoro
Alcune mansioni costringono a utilizzare sempre gli stessi gruppi muscolari, creando sovraccarichi e tensioni nel tempo. La ripetitività senza pause adeguate può portare a rigidità, infiammazioni e riduzione della mobilità articolare.
Dolori localizzati legati alla postura: collo, spalle e schiena
Quando una certa zona del corpo è sottoposta a sollecitazioni prolungate, i sintomi tendono a concentrarsi in quella specifica area. Scopriamo quali distretti sono più frequentemente coinvolti e come riconoscere i segnali del corpo.

Dolore al collo
Spesso coinvolto durante l’uso prolungato del computer o dello smartphone, il dolore cervicale può manifestarsi come tensione costante, rigidità mattutina o fastidio che aumenta durante la giornata. La muscolatura del collo lavora in modo eccessivo per sostenere il capo nella posizione “testa in avanti” anche definita “text neck” o “turtle neck”, causando anche mal di testa o formicolii.
Scopri di più su come gestire il dolore al collo.
Dolore alle spalle
Posture prolungate con le spalle elevate o in tensione, tipiche di chi lavora al PC o tiene il telefono tra spalla e orecchio, possono portare a fastidi localizzati, ridotta mobilità e sensazione di “spalle alte”. Nel tempo, queste tensioni possono peggiorare e provocare dolore anche notturno.
Approfondisci le strategie di prevenzione e trattamento del dolore alla spalla.
Mal di schiena (zona dorsale e lombare)
È l’area più comune quando si parla di dolori posturali. Una postura statica o prolungata può generare indolenzimento diffuso, formicolii, rigidità e senso di peso nella parte bassa della schiena. La sedentarietà, la stazione eretta prolungata o movimenti ripetitivi contribuiscono al sovraccarico.
Scopri come affrontare il mal di schiena legato alla postura.
Quando è utile rivolgersi a un fisioterapista
La maggior parte dei dolori posturali migliora con piccoli cambiamenti nella quotidianità. Tuttavia, ci sono situazioni in cui una valutazione professionale può essere molto utile:
- dolore che persiste da più di qualche settimana;
- rigidità o limitazioni che interferiscono con il lavoro o il riposo;
- ricorrenza dei sintomi nonostante i cambiamenti posturali;
- dolore molto localizzato che tende a peggiorare.
Le linee guida europee e le raccomandazioni terapeutiche per il dolore cervicale e lombare sottolineano che, in presenza di sintomi persistenti o limitanti, una valutazione professionale è fondamentale. Il fisioterapista può valutare le aree più sollecitate, individuare esercizi mirati e pianificare un percorso personalizzato, seguendo i principi basati sull’evidenza clinica. Questo approccio riduce il rischio di recidive e permette di gestire la postura in maniera funzionale e sostenibile nel tempo.
Se cerchi un percorso personalizzato basato su valutazione, esercizi e trattamento, scopri di più sulla riabilitazione posturale.
Artrite reumatoide: come intervenire con la fisioterapia?
Cos’è l’artrite reumatoide
L’artrite reumatoide è una malattia autoimmune ed è uno dei tipi più comuni di infiammazione cronica. Nel 2017 si è addirittura stimato che sia presente in 19milioni di casi in tutto il mondo, con un aumento del 7,4% dal 1990. È più comune nelle donne e può manifestarsi a qualsiasi età, con l’età più comune tra i 50 ei 60 anni.
La principale manifestazione clinica è la poliartrite infiammatoria simmetrica, ma ci sono anche manifestazioni extraarticolari, come il coinvolgimento polmonare, la vasculite e la sindrome sistemica. Stanchezza, artrite e deformità sono le principali complicanze dell’artrite reumatoide, che portano alla compromissione della funzione corporea. Anche altri sintomi come fatica e dolore vanno ad influire in maniera sostanziale sulla disabilità e soprattutto sulla qualità della vita dei pazienti.
Come si tratta l’artrite reumatoide
Viste le caratteristiche dell’artrite reumatoide, una gestione incentrata sui sintomi a livello articolare non risulta sufficiente. Bisogna infatti considerare anche gli aspetti di benessere generale e psicosociale. Per fare ciò risulta adatto l’esercizio fisico, che oltre a migliorare la sintomatologia della patologia allevia anche un eventuale stato emotivo negativo.
È opportuno intervenire con un approccio specifico per ogni paziente, infatti gli esercizi devono essere scelti considerando anche le condizioni di partenza. L’attività ad alta e media intensità, con particolare focus verso gli esercizi dinamici, tende ad avere i migliori effetti a livello cardiovascolare e muscoloscheletrico, ma deve essere sempre messa molta attenzione sulla gravità dell’articolazione colpita.
Per quanto riguarda la durata dell’allenamento, si possono anche prevedere programmi brevi al di sotto dei 6 mesi, ma quelli più efficaci risultano essere quelli di 6-12 mesi. Questi, infatti, permettono di avere un controllo e una gestione ottimale del dolore.
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